Aprile 2016
In questo mese ricorre l’anniversario della nascita di elioborgonovo.
Segni particolari: Milanese, pittore della vecchia Milano, raccoglitore di oggetti abbandonati, utopico compagno, Vigile Urbano, marito, amico di tanti ma non di tutti e... mio padre.
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Ricordarlo solo con le parole mi è impossibile, per questo mi sono fatto aiutare da alcune immagini, che spero, lette assieme ai commenti che le accompagnano, possano trasmetterti un poco, almeno, del sentimento e dell’emozione che provo nel raccontartelo.
Buona lettura Ivo
Credo di avergliela scattata io questa foto, su sua richiesta. Potrebbe trattarsi 1972/73, quando facevo le Professionali di fotografia, ed “avevamo” appena comprato la Canon FTQL reflex. (Il plurale maiestatis è farlocco, già lo sapevi).
Se così fosse, doveva avere 42/43 anni, erano gli anni dell’impegno politico e della ribellione (mai violenta) e qualunque pretesto era visto, vissuto e manifestato in chiave di contestazione… generale. Così, la sua data di nascita, (dubito molto che al momento dello scatto lo fosse), è diventata una forma di protesta contro la repressione e le incarcerazioni facili di quei tempi.
Anche la sua pittura non è stata immune da questi “fervori” sociali, come puoi notare da queste quattro piccole tele (30x40 e 24x30 cm) dove, inserendo delle marionette nei suoi, già classici umidi vecchi muri, voleva esprimere la sua opinione. Cosa non totalmente apprezzata da critici o estimatori, che lo preferivano estraneo alle “agitate” vicende politiche di quegli anni.
Certo a guardarli oggi hanno un ché di tenerezza queste marionette. Il Cellerino coi baffi; quelli dritti sotto lo sguardo mesto, rivolto al suolo e quelli da “graduato” che ha cuciti sul braccio sinistro della divisa. Il fucile in spalla, che pare più ad un bazooka, (ma forse è quello per sparare i lacrimogeni…) manganello appeso alla cintura, lui in “posizione” RI-POSO, si lascia mettere il braccio sulla spalla da un “comunista” capellone e barbudos, che per non confondersi con un normale cittadino, porta fazzoletto al collo, fascia al braccio e distintivo al petto, rossi.
E per fugare ogni dubbio, tiene in mano un cartello con la scritta… rossa, LOTTA DI CLASSE, ma con le due “esse” scritte come le SS Naziste. Matti che qualcuno non capisca il suo orientamento politico. Comunque in quegli anni, un operaio crocefisso, un pezzo di scritta su un muro, che non necessita della parte mancante, per intenderne il significato, o una marionetta a terra, col filo spezzato, erano “messaggi” già sufficienti ad identificarti, etichettarti e contrapporti pericolosamente ad orientamenti politici altrettanto violenti e pericolosi di quelli che ti apprezzavano.
Aurelio Borgonovo, detto Elio, nasce il 18 Aprile del 1930, da Bianca Zoppetti; una giovane veneziana (di Venezia) figlia di un Comandante della Marina Militare, che in congedo solca le rotte d’Oriente. Militarmente autoritario, forte e coraggioso, la nonna amava raccontare i suoi più d’uno, salvataggi di sventurati caduti nei canali, della Serenissima, permette alla figlia Bianca di andare a Milano, a far visita alla sorella. La giovane, si affaccia al balcone e nota un… «pezzo di giovanotto, in canottiera, che traffica in un sottoscala, con delle biciclette» .
Al bellimbusto, cont el toni de operari, che è sì, indaffarato con cacciaviti e chiavi inglesi, non sfugge il recente arrivo della “veneziana”. Così, quando si affaccia al poggioeu (al poggiolo) con la classe maturata negli anni di vagabondaggio, le si avvicina con in mano un grappolo d’uva, e le dice… «signorina, ne voeur on poo, l’è bòna!».
Non capendo la lingua, ma accettando quell’uva, la sintonia dialettica tra la veneziana “aristocratica” e il milanese scappato di casa è scoccata, ed è durata (ognuno nel suo dialetto, sino alla scomparsa della Bianca, all’età di 63 anni.
Lascia che ti precisi velocemente perché ho usato, riferiti al Piero, le espressioni “vagabondaggio” e “scappato di casa”.
Il Piero, nato nel 1901. All’età di otto anni, quindi nel 1909, ha litigato con la matrigna, subentrata in casa poco dopo morte della madre. Il litigio è stato tanto lacerante, che il piccolo Piero è uscito di casa e NON È MAI PIÚ TORNATO.
Da quel momento è vissuto nei solai, sottoscala, facendo lavoretti ed arrangiandosi, ed imparando a farsi giustizia da solo. Questo te l’ho raccontato, per darti un’idea della due “figure” che hanno educato Elio, o… Eliutti, come lo chiamava sua madre.
Lei, dolce, amabile, golosa (amavano e mangiavano i dolci assieme) lettrice ed enigmista, le piaceva “essere in ordine” ed avere le sue piccole gioie (naturalmente escludendo il tempo di guerra, dove solo avevano da dividersi… la fame). Lei lo incoraggiava, ascoltava ed apprezzava, e… nel limite del possibile, viziava "Eliutti".
Erano, amabilmente alleati e complici, “contro” quel marito/padre “forte come un toro, testardo come un mulo, tirchio… più de “L’Avaro” di Molière, un po’ “grezzo” ed a volte anche… “irriverente”.
Il Piero non era così per un’innata predisposizione, lo era diventato a proprie spese, per spirito di sopravvivenza; la scuola l’aveva abbandonata a otto anni, da allora aveva provveduto a se stesso, in toto, difendendosi da una città che non era meno pericolosa di quella che oggi conosciamo. Così, quell’educazione che si era imposto, temendo e preparandosi sempre al peggio, seppur a fin di bene, l’ha imposta anche alla famiglia. Immagina se un uomo, che ha mantenuto la famiglia sulla forza delle sue braccia, col duro lavoro, la caparbia ed, il risparmio, poteva incentivare velleità artistiche.
In queste foto, un Elio di pochi mesi, classicamente appoggiato su un cuscino “lanuto”, poi, uno poco più grande, saldamente in piedi con le sue belle scarpette, aperte in punta dal papà… «inscì duren pussee».
Ed in fine, un niño, che spingendo sui pedali della sua prima bicicletta, (assemblata dal padre) tenta di ben figurare in una competizione scolastica.
La spicciola e le gare (in bicicletta) saranno l’unica “generosità” che il padre, gregario della squadra che nel 19??, ha vinto il Giro d’Italia (dilettanti) ha voluto dare al figlio.
Il Calvairate è stato il quartiere nel quale papà ha vissuto sino a quando si è sposato.
La prima foto lo ritrae, al fico della mamma che regge Il fratello Ivo, appoggiato alla cancellata che tuttora divide in numero 5 (scala F – 4° piano – no ascensore – no riscaldamenti – bagno in casa) dal civico 3, di via Degli Etruschi.
La… banda schedata nella foto orizzontale, con taglio fustellato irregolare, lo ritrae già con le due peculiarità che lo accompagneranno per tutta la vita: la passione per la pittura, ha un pennello nella mano destra, e… la lunghezza del naso. Caratteristica che diverrà un “marchio di fabbrica – familiare”.
Ti ho indotto a pensare che una delle due peculiarità erano le… corna, vero? No, quelle sono state lo scherzo (forse oggi non più così in voga) che il Sergio Vai, un amico che rimarrà tale sino all’ultimo giorno della sua vita, gli ha fatto al momento della scatto. Nel ingrandimento si notano meglio. La freccia invece, indica il fratello Ivo che distratto è ritratto col capo reclinato.
Seguono l’immaginetta funebre per la morte del fratellino, e la foto originale. Mentre a destra, scattata in piazza Duomo da un fotografo ambulante, vediamo un quindicenne Elio, in divisa militare degli alleati, con la Bianca che lo accompagna, verso il tram che li porterà a al Cimitero Maggiore alla tomba del “povero Ivo”.
La morte del fratello, per una non diagnosticata “Spagnola” o febbre gialla, ha avuto conseguenze drammatiche, con lacerazioni profondissime, per il resto della famiglia e della loro vita.
È in questo periodo che l’Elio fa… “Bingo”! Giovane, sano, atletico, “bello”, trova una ragazza che lo ama, lo stima e lo aiuta, quindi sa di poter puntare alto.
Ed infatti lo vediamo, braccia aperte, in cima ad una piramide umana, in una esercitazione di allievi pompieri, alla Cecchignola di Roma.
Il “Ghess” (soprannome che gli aveva dato la Nemi, [Micia] perché solito spararle più grasse del dovuto… «come tutti i suoi amici del Calvairate» - quartiere dove anch’essa viveva) si fa fotografare divisa mentre, sigaretta in mano, accenna una marcia.
Sotto, lo vediamo con un’altra divisa, quella bianca estiva dei Vigili Urbani, ma con la stessa voglia di scherzare e… fumare.
Ps. Il Sergio Vai e papà, sono stati colleghi nei Vigili e forse anche nei Pompieri.
Ps2. Papà mi ha raccontato che in un intervento, era su un tetto, assieme ad un vecchio pompiere, che con l’idrante acceso, cercava di spegnere un focolaio. Il bagnato, la pendenza, la pressione del getto, ad un certo punto gli fanno perdere l’equilibrio e lo fanno scivolare sulle tegole. Tentando di rallentare la caduta, stende le mani in direzione contraria allo scivolamento, ma con scarso risultato. A un certo punto però, sente di essere afferrato. Volge lo sguardo e c’è “l’enorme” collega vecchio che stringendogli il polso, sorridendo, gli dice «Micio, la Micia la voeur minga che te borlet giò».
Era tra i più giovani della squadra e la storia tra il Micio e la Mica doveva essere di pubblico dominio e “sfottò” generale, ma non solo...
Del Borgonovo pittore, sai già molto. In alto, giovane e ansioso di trovare la sua “pittura” partecipa a vari concorsi ed estemporanee, sperimenta anche un percorso figurativo (è di quel periodo la moglie incinta del primogenito) ma sente più attrazione per le vecchie case destinate alla demolizione.
Maturo, lo vediamo 45/50enne dipingere le assi da lavare e le ringhiere che lo identificheranno come “il pittore della vecchia Milano”.
Le “Torri di Babele” ed alcuni richiami alla “aerea libertà” sono opere che solo postume, mi appaiono col significato che originariamente deve averle dipinte.
La raccolta degli oggetti poveri invece, è sempre stata il motivo conduttore della sua vita.
Cuba… è stato un innamoramento a prima vita ed incontrollabile. Escludendolo, nessuno più di me può affermarlo e capirlo.
Ha conosciuto Cuba nel 1975, ed io ero con lui. Io, per miracolo, ero scampato dalle terribili conseguenze che una meningite cerebro spinale da virus, avrebbe potuto lasciarmi. Così, per “festeggiare” e “ringraziare” la buona sorte, (papà era un superstiziosissssimo… di quelli che al confronto, un napoletano che vive col cornetto in tasca, verrebbe considerato uno scettico razionale) ha pensato che un bel viaggio sarebbe stato un giusto ringraziamento alla sorte. Così, siamo partiti per Cuba, noi due. (Fausto aveva 15 anni e la mamma lavorava e forse non c’erano soldi per tutti e quattro).
Erano gli anni in cui per entrare a Cuba, dovei essere iscritto e “presentato” dal PCI, e arrivavi solo tramite ItalTurist – Agenzia viaggi del Partito.
L’impatto per lui è stato sconvolgente. Da quarant’enne “anarchico/comunista” aveva la preparazione, la maturità, il desiderio, la voglia ed il piacere di vedere finalmente coi suoi occhi, il… Socialismo Reale. E in quegli anni, ti assicuro, Cuba… anche per uno sbarbato “cannaiolo” come ero io, era qualcosa di inimmaginabile. Abbiamo visto la sfilata del 1° Maggio a La Habama, ed abbiamo creduto per 8/10 ore, di trovarci in un altro… mondo.
Anche se la prima foto non è stata scattata a Cuba è del genere… “ti sto prendendo in giro”. In questo caso – sono stravolto. A destra uno scatto assieme Ramón Castro, e ancora, a La Habana, davanti al grande murales nella plaza de la Revolucion. La foto di sfondo è anch’essa come la prima, della stessa serie “sfotto”. Lui, fotografato in abiti ed atteggiamento yankee, pugno chiuso alzato, in una posa/situazione chiaramente vacanzier/godereccia, di uno che se la spassa, quando la mostrava amava aggiungerci ironicamente l’affermazione che da il titolo alla pagina: Compagni…
Una volta in pensione, i due, si sono trasferiti a Tenerife, dove con gli amici della comunità italiana, hanno trascorso lunghi e bei periodi di felicità e tranquillità, ridimensionati soltanto dalla lontananza dai figli, dagli amici e della loro Milano.
In alto, el viejo alla Ñamera, il bar sotto casa, intento a completare le sue parole crociate, la famiglia al completo, nel 2010, riunita per gli 80 anni di papà, noi tre, in una delle tante visite che ho fatto in quegli anni (per fortuna) e… l’ultima volta che assieme a suo figlio e suo nipote, ha bevuto… «un cortado descafeinado de sobre. Tibio por favor». «Vale, caballero»
Glie l’hanno sempre portato… bollente.
Ora… l’ultima immagine che ho scelto dall'album di famiglia, so che potresti ritenere NON proprio opportuna. Però l'ho posizionata lontano dalle altre e preferisco avvisarti prima, e darti la possibilità di fermati qui, senza ritenerlo... "sbagliato".
Ma se decidi di vederla, sii benevolo e comprensivo nei miei confronti ed intendere il senso che ho voluto darle.
Ti saluto e ti ringrazio per avermi letto sino a qui. Ho piacere a raccontarti di lui, della mamma, di noi e degli amici comuni.
Come sempre se vuoi contribuire, sarà e saremo lieti di leggerti.
Un abbraccio forte. Ivo
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