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Mes de Ottober 2016   
I “quatter” che tucc numm gh’emm. 
Tutti. I più fortunati li hanno ancora, quelli un poco meno, li hanno perduti da poco, altri da molto molto tempo o non li hanno nemmeno conosciuti, ma nonostante ciò, indipendentemente dai percorsi e fatti della vita, ne sono stati  influenzati, per lo meno… geneticamente: i nonni.

 

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Il due di Ottobre è la festa dei Nonni, la giornata degli “Angeli custodi”. 
 


 

I nonni si dividono in due: da parte di madre e da parte di padre. Entrambe la “radici” ti amano, ma spesso (ed io mi riferisco al mio caso) la frequentazione maggiore, per una o l’altra parte, è semplicemente dovuta ai fatti e gli eventi della vita. 
Io per questi motivi, ho frequentato di più quelli paterni. (Mio cugino, sei mesi più grande di me, i nonni materni). 
Una volta era frequente che i bambini venissero lasciati ai nonni (io e mia moglie abbiamo fatto lo stesso con Andrea, “parcheggiato” dal nonno Elio e dalla nonna Nemi).

Piero Borgonovo

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A otto anni (ripeto… 8 anni) scappa di casa perché in forte contrasto con la matrigna, da poco subentrata in famiglia dopo la morte della mamma. Non farà più ritorno a casa. Da allora vive in strada (ninho de rua, lo chiamerebbero in Brasile) e dormendo nei solai e cantine, facendo il garzone per chiunque gli offrisse una minestra e un tetto cresce in strada, risolvendo le contrarietà della vita, non sempre diplomaticamente. Anzi…

Anche per questo il suo carattere a volte apparirà intransigente, risolutivo, anche autoritario, mai… mai nei confronti della sposa. Il carattere “ribelle”, politicamente,  lo porterà a rivolgere il suo sguardo a sinistra. Appassionato, meglio dire… viziato per lo sport che furoreggiava all’epoca, il ciclismo, a 25 anni (nel 1934) raggiunge il suo miglior risultato agonistico della sua lunga carriera sportiva: il primo posto al Campionato Italiano a Squadre – cat. Dilettanti (La squadra: Maiotti, Borgonovo, Mayer e Cevenni).  Scenderà di sella solo pochi anni prima di morire, il 25 Dicembre del 1990.

Non ti tedierò coi racconti delle mille passeggiate che fatte seduto sul portapacchi della sua bici, addolcito dal un cuscino, per andare a trovare el Pissarell, el Giovannin bersaglier e… i alter ancamò,  a Rogoree, a Linaa o anche “solo” a la fera de Sinigaglia

Alla quale ci andavamo a piotti (a piedi) perché il Piero era anche un gran camminatore. Fortunatamente era anche un “armadio”. Così quando non ce la facevo proprio più, mi caricava a cavallina sulle spalle. Quello valeva la fatica fatta quel momento.

(N.d.r. I nonni abitavano in via degli Etruschi, al Calvairate. Ida e volta… per un bambino di 7-10 anni, non era proprio una passeggiata intorno all’isolato). 

Riconosciuto unanimemente come un ineguagliabile… tirchiooooooo, ( “L'avaro di Molière “ al confronto apparirebbe uno scialacquone) ha stupito il mondo (quello familiare) quando alla mia richiesta di aiuto (un importante prestito per l’acquisto della nostra prima casa – a Rogoredo) m’ha dato appuntamento per il giorno successivo in banca, risolvendo all’istante il nostro “problema”. Chiedendo in cambio, l’ impegno di restituire l’importo. Sulla parola.

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Il Piero, pensionato ma ancora in tenuta ciclistica (vedi pantaloni e scarpe) col suo giornale di… riferimento. 
Ci sarebbero anche i belli e interessanti aneddoti che m’ha raccontato papà, relativi a lui e suo padre, e al papà di mia madre, nel Ventennio e alla Liberazione, ma preferisco aspettare i tuoi. 

Bianca Zoppetti 

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 Veneziana, di famiglia borghese, il padre, dopo il congedo era Capitano di Marina sulle rotte mercantili da e per l’Asia. Venuta a Milano per visitare la sorella, si è innamorata del bellimbusto (il ciclista che riparava le biciclette nel cortile della sorella) dopo che questi le ha offerto un grappolo d’uva. (Alla faccia della nomea… di tirchio).

Di corporatura esile, dolce, casalinga elle abitudini, e molto amante della lettura. Aveva un feeling speciale con il primogenito, “Eliuti” (Aurelio detto Elio) che dopo la prematura morte del secondogenito, Ivo, si è trasformata in una forte complicità materna, forse per bilanciare l’intransigenza, a durezza e spesso l’incomprensione/scontro tra padre e figlio.

I vizi col quale mi ha deliziato nelle ore in sua/loro compagnia erano i classici della nonna: dolcetti, passeggiate, attenzioni e coccole (mai smancinose). Però la dolcezza e l’amore non deve farti pensare ad una “mollezza” di carattere. 

Ricordo ancora oggi il perentorio: - Ivo!!! seguito dagli “occhi”. Occhi che mi fissavano come le canne di una doppietta puntatami contro, pronta a sparare. Accadeva le rare volte che dopo il primo no, azzardavo un secondo tentativo. Andrea non l’ha conosciuta e lei non ha conosciuto Andrea.

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Il Piero e la Bianca, in piazza Martini, così come me li ricordo.

 

Boremo Tattanelli

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Sinalinga (SI). Sì, il nonno materno era toscano. Ultimo di sette figli, all’età di 3 anni, la madre lo affida alla maestra del paese, perché lei lascia il paese per il nord Italia coi restanti figli, dopo che il marito è… scomparso. In verità era stato arrestato e spedito a La Spezia.

Dalle “indagini” che ho svolto quando erano ancora in vita sia la mamma che sua sorella, una delle due versioni dice che… – il bisnonno Attilio, era uno dei fattori/contadini alle dipendenze di uno dei proprietari della zona, e che sulla piazza del paese, avrebbe sparato, (con una doppietta   smile25x3   ) al suo padrone che gli aveva insidiato la bella moglie.

L’altra versione invece dice che… i due, nell’ambito di una delle frequenti uscite “gozzovigliere” con le quali amavano rilassarsi dopo il lavoro, ubriachi fradici, hanno iniziato a discutere e poi litigare per acquisire il diritto di “precedenza” per una prostituta, diatriba alla quale, il bisnonno Attilio,  ha messo definitivamente fine, con un colpo di doppietta. 

Il piccolo Boremo è stato ospite di un orfanotrofio di Napoli, per 14 anni, nel quale ha imparato la disciplina, l’obbedienza e il rispetto dell’autorità, oltre che ad apprezzare la scuola e la cultura. All’età di 17 anni ha tolto la divisa del collegio per indossare quella del milite, ed essere spedito al fronte. Fortunatamente era il 1918 e la guerra è terminata prima che raggiungesse i campi di battaglia.

Tornato civile, si è fatto carico, nonostante le rarissime visite, della madre. Al ritorno di uno dei lunghi viaggi in giro per l’Italia, con la sua borsa di rappresentante di orologi a sveglia, non trova più la casa, perché la madre, necessitando di denaro, vende tutto.

Viene a Milano e conosce la Maria, si sposa e forma la sua famiglia. 

Disciplinato, obbediente e rispettoso dell’autorità, viene assunto come guardia carceraria (secondino) a San Vittore. Nel Ventennio la sua approvazione è la medesima di milioni di italiani, con la manifesta appartenenza che il Regime richiedeva ai suoi… dipendenti. Ma nulla di più. 

È ovvio che alla caduta del Regime, non sono state poche le difficoltà che il Boremo e la famiglia hanno dovuto affrontare. Ma la sua onestà, la rettitudine e la assoluta mancanza di prepotenza o arroganza nei confronti dei prigionieri negli anni da secondino, o della vicinanza di quartiere, dopo essere stato incarcerato nel comando Partigiano di zona, (la scuola di via Monte Velino – frequentata da papà, dalla mamma e da me) viene rilasciato. Anche il Piero e mio padre (in differenti pattuglie) erano al comando Partigiano di via Monte Velino, ma allora le famiglie si conoscevano solo di vista.

Quando l’ho conosciuto, assieme a sua moglie, era Claudio, mio cugino che li impegnava nel novello ruolo di nonni. Ma non ne ho mai sofferto per questo.

Crescendo, e principalmente dopo essere venuto a conoscenza di alcuni faneddoti/particolari di quel periodo tumultuoso e tragico per l’Italia ho apprezzato la disciplina, l’obbedienza ed il rispettoso dell’autorità che aveva il nonno Boremo e la sua famiglia.

 

Maria Schavi

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La Maria era di Gudo Visconti, vicino ad Abbiategrasso. 
Io trovo che da giovane, avesse una bellezza italica, quella che negli anni del Ventennio, era presa ad esempio. 
Questa bella apparenza però non deve suggerire facili conclusioni, infatti, era una donna indipendente, che lavorava in fabbrica, ma non per questo, non era attenta alla forma e all’etichetta. 
Un episodio narra che quando in Europa, l’Italia, assieme alla Svizzera, era l’ultima oasi in pace, non ancora insediata dalla possibile avanzata Nazista, la Maria rifiutò uno buon partito che si era proposto, perché si chiamava Adolfo (Dolf in milanes) e perché lo spasimante, le aveva offerto un… gelato da passeggio. 
Una mancanza di etichetta, di rispetto ed di educazione imperdonabili, che evidentemente il buon Boremo invece conosceva. 

Indimenticabili della Maria, eccellente cuoca della più classica cucina milanese (mentre la Bianca ha “contaminato” – come si usa dire oggi -  con alcune eccellenze Venete le tradizioni familiari – gnocchi, polente, strudel etc.) la trippa e la cazzoeula, i cotelett cont el puré e i mitici…i mondeghili, che Claudio se le sogna ancora oggi. Io, il salame di cioccolata… invece. 
Nella foto grande, la spilla con la foto del figlio Benito, morto a pochi mesi. Un classico… no???

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Il Boremo e la Maria, ad Albagnano, così come me li ricordo.

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Questa foto, è l’unica che vede i miei due nonni ritratti assieme e vicini. I due, pur vivendo a pochi metri uno dall’altro, non si sono mai frequentati. Dei due, per carattere e “orientamento politico” era il nonno  paterno, che citando l’altro, a volte ci infilava qualche punzecchiata. Il Boremo mai. 

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Sui gradini della Villa Comunale, i quattro i nonni ci fanno da cornice nel giorno del nostro matrimonio. 

 

Dopo questo nostalgico racconto, carico di bei ricordi dei miei nonni, non dimentico e non voglio omettere di dirti che… pochi minuti dopo lo scatto di questa foto, gli sposi, i loro genitori e fratelli andavano al ristorante. 
Loro, i nonni, NON li ho invitati. Perché? Per  soddisfare la stupida esigenza di “rottamazione” che vivevo allora. Esigenza, filosofia e scelta minimalista, che oltre al pranzo ha rovinato anche il viaggio di nozze. Ma cosa ci vuoi fare, spesso si matura troppo tardi.

 

Pensieri e riflessioni in pillole  

Andrea, mio figlio, pur non avendo conosciuto il suo nonno paterno, Carlo, il papà dalla Manuela, mi ha confessato che all’esame da privatista, per conseguire la patente di guida, per le domande che non conosceva la risposta, si rivolgeva a lui, camionista di vecchia data, per un suggerimento. È stato promosso e oggi fa il tassista.

Io, quando in sella della mia spicciola, devo arrivare in cima ad uno dei pochi ponti/salite che abbiamo a Milano, penso al nonno Piero, spingo sui pedali e mi invento una radiocronaca che mi vede protagonista di una memorabile: ecco, Borgonovo, un uomo solo al comando…

Credo che tutti, o per lo meno, io sì, vorrei concludere la mia vita da nonno.

Dei quattro miei nonni  tre parlavano milanese (sempre o quasi). Solo la Bianca, nonostante i tanti anni, seguiva con la cadenza e a volte con le espressioni tipiche veneziane. Combinavo un pasticcio… mi diceva; varda cossa ti g’ha fato, fiol de una tecia. – Ci siamo capiti vero?

Aspetto tue dei tuoi nonni. el bor

 

 


 

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