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21 ottobre 2020 Noisy-le-Sec Francia
Dov’essere stato a marzo o aprile del 2016, che ho ricevuto una mail di una certa Chantal.

  

03022021- 192 +64

  

La “sconosciuta”… per conto di sua madre, una certa la Giuseppina Giorgetti, mi chiedeva se potevo informarmi a proposito dei vincitori del concorso “Prima che vegna nòtt 2015”, al quale la madre aveva partecipato, nella sezione POESIA DIALETTALE; un’iniziativa che “’Antica Credenza di Sant’Ambrogio” organizza da più di venti anni, e che premia i vincitori il 7 dicembre, Sant’Ambrogio.


Qualche giorno dopo ho risposto e assieme alle informazioni raccolte, ho chiesto alla Chantal di farmi sapere se sua madre permettesse che pubblicassi una sua poesia.
Nella successiva mail, Chantal mi ha chiesto, in nome della madre, il mio indirizzo POSTALE, dicendomi che la mamma voleva comunicare più “liberamente” e… TRADIZIONALMENTE.

Alcuni giorni dopo, forse nemmeno quindici, nella casella ho trovato una lettera “anomala” con l’indirizzo scritto a mano e proveniente dalla Francia.

Aprendo la busta, mi è bastata un’occhiata per capire che dietro a quella lettera, classicamente impaginata, scritta con una calligrafia chiara e leggibile, un’inequivocabile eredità di una ferrea disciplina scolastica di altri tempi, c’era una mano veterana, quella della Pinuccia. Un’amica affettuosa e sincera, con la quale non ho esitato ad aprirmi.

Quella lettera, scritta a mano e con alcune piccole decorazioni sui margini, disegnate e colorate appositamente, mi ha piacevolmente impressionato, inorgoglito ed un po’ imbarazzato. Per questo, scusandomi per non scriverle con lo stesso impegno manuale e… decorativo, ma con un freddo “inoltra” alla mail della figlia, le ho risposto. Rendendo così Chantal, suo malgrado, l’anello di congiunzione della nostra corrispondenza futura.

Rispondevo alle lettere della Pinuccia a… ruota libera. Senza preoccuparmi di tenere un filo conduttore tra gli argomenti, le descrivevo un banale aneddoto della mia quotidianità, come un preoccupante iter di esami medici, la informavo delle nuove conoscenze in ambito meneghino, oppure… delle esperienze amorose oltreoceano. Parlavo a lei come si parla con un vecchio amico; senza riserve.
Lei invece… dolcemente riservata, rispondeva ai miei saltabeccanti argomenti ordinatamente e educatamente, senza però cadere nell’ovvietà di chi si sente in obbligo di esprimersi.
Con entusiasmo adolescenziale, m’incitava a realizzare i progetti che le esponevo e mi elogiava per i risultati raggiunti, ma… allo stesso tempo, con l’esperienza di un amico con i capelli tinti d’argento, con fermezza, esprimeva la sua disapprovazione, per esempio per i miei facili entusiasmi, o la preoccupazione per i miei affrettati “innamoramenti” verso quei personaggi quell’entourage meneghino, già noti per la loro inaffidabilità.

Solo dopo alcune di queste intense e coinvolgenti lettere, ha accettato l’invito di inviarmi alcune sue poesie, tra le quali ho scelto quelle che ho pubblicato qui sul sito.

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La Pinuccia non era solo una normale poetessa dialettale. In “trasferta” da anni in Francia, cont el coeur semper a Milan, ha conosciuto ed apprezzato la letteratura d’oltralpe, e… tra le altre, ha interpretato/tradotto in dialetto milanese “LES FABLES” de Jean de la Fontaine.
Ma… essendo refrattarietà verso quella tecnologia, che a parer suo allontana il sentimento dalla manualità necessaria per esprimerlo, la Pinuccia questa traduzione, come altre, le ha ovviamente riscritte a mano.

Per farmi conoscere alcune sue traduzioni, per esempio delle fiabe da “LES FABLES”, altre sue poesie, aforismi e riflessioni in dialetto milanese, ha preso un normale quaderno a spirale e le ha… trascritte.


A mano. Abbellendo le quasi novanta pagine, con titoli e decorazioni colorate. Un grande impegno, che mi ha dimostrato la grande considerazione nei miei confronti, un “concreto” messaggio di stima, mai ricevuto prima.

Per un anno circa, la sorpresa di trovare di tanto in tanto una lettera della Pinuccia, è stata una piacevole abitudine alla quale mi sono presto abituato.
Leggendo le sue colorate e vivaci lettere, sentivo di conoscerla ogni volta di più ed il racconto reciproco, di questioni, argomenti, vicende personali, mi confermavano la solidità e complicità di un’amicizia reciproca.

Verso metà del 2018, non so perché sia accaduto o da parte di chi sia partita la richiesta alle mail, si sono alternate le telefonate. (Probabilmente perché la Pinuccia aveva un contratto che consentiva chiamate illimitate verso l’Italia ).

Non escludo che non sia dipeso dal fatto che in quel periodo ero impegno ad organizzare un importante evento e che quindi, avendo inteso la mia difficoltà di risponderle per iscritto, mi avesse suggerito il contatto telefonico, anche perché in seguito mi ha confermato, aver stipulato un contratto che includeva chiamate illimitate verso l’Italia.

Quest’agevolazione ha trasformato parecchie delle nostre corrispondenze in lunghe telefonate, nelle quali, oltre ai consigli organizzativi, la Pinuccia si è spesa attivamente per contribuire all’ottima riuscita de L’AMNBROSIN DE LEGN 2018, partecipando al concorso di poesie in dialetto milanese e mettendomi in contatto con la figlia Roberta di un suo cugino, ottimo pittore, Lucio Rastrelli, il quale ha prestato un’opera di suo padre per il concorso di pittura e per la pubblicazione de “Pittura e Poesia de Milan in del Lunari 2018”, realizzato per l’occasione.
È stata una delle prime socie ad aderire all’Associazione costituita in memoria di mio padre: el gropp – La Milan ligada a l’arte meneghina, ed è rimasta assieme ai pochissimi veri soci, anche dopo il miserabile fuggi fuggi di “soci” avvenuto ancor prima della fine dell’evento.
La comodità del telefono ha aumentato la frequenza dei nostri contatti, e… la duttilità del mezzo (intendo l’utilizzo del vivavoce  ) ha permesso a Chantal, talvolta di inserirsi nella conversazione, rendendola una vivace “espressione” la cui assenza si notava e la si lamentava.

Le lettere della Pinuccia, con i suoi dolci collage fotografi che ultimamente abbellivano anche la busta, seppur con minor frequenza, hanno continuato ad arrivare, sino all’ultima, la 31esima, giunta a luglio 2019.
Dopo… solo le telefonate ci hanno tenuto in contatto, fatta eccezione per le mail necessarie alla realizzazione del Lunari di quest’anno, dove lei e la Piera Bottini hanno accettato di arricchire, con le loro poesie le riproduzioni dei quadri di papà.

Me l’hanno fatto notare sia la Chantal sia la Roberta, che la Pinuccia se n’è andata ad ottobre, mese che sul Lunari è pubblicata una delle sue poesie: El scatolin del lùster.
È solo una coincidenza, è chiaro, ma anch’io come Chantal e Roberta trovo questa concomitanza un significato speciale, difficile da spiegare ma intenso.

È stata molto felice quando le ho chiesto di partecipare con alcune delle sue poesie al Lunari del 2020, e lo è stata maggiormente… quando le ho detto che avevo invitato, ed aveva accettato, anche la Piera Bottini.
L’ho sentita piacevolmente emozionata, al sapere che nell’introduzione, avrei scritto che… la LORO amicizia nei miei confronti, era stata il sentimento ispiratore del Lunari, oltre all’ovvio desiderio di pubblicare accanto ai quadri di papà, le opere di due poetesse dialettali d’indubbio e conclamato valore.

Ok Pinuccia, mi mancheranno le nostre chiacchierate e i tuoi consigli, ma… appena te see sistemada, scrivum ona di tò bei letter e còntom quatter me la vaa lì in Paradis, e selè che sembrom numm chi… in la terra a combatt con sto virus cises. Un basin  
El too amis Ivo

A seguire oltre a “El scatolin del lùster”, la poesia pubblicata nella pagina del mese di ottobre, riporto le altre cinque presenti nel Lunari. Ove disponibile ho inserito la registrazione della lettura della poesia letta dalla Pinuccia, il link ad un video o una pagina web inerente alla poesia. 

 

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El scatolin del lùster

Numm giogavom a telefonà
cont el scatolin del lùster
e ona quai volta, in città,
se andava tutti a vedè i giòster.
Ascoltavom i bei stori
che ghe contaven sù i nòster nòni.
La domenica se andava a l’oratori:
numm serom pusse angioll che demoni.
Mangiavom tutta la minèstra
perché vorevom diventà grand.
Bevevom i paròll de la sciora Maèstra
quand lè la spiegava el come e el quand.
Se mi podessi tornà indree un moment,
mì me disfescaria del mè telefonin
senza fà tanti compliment
e per telefonà mi ciaparia un scatolin,
el me vecc scatolin del lùster:
“Pronto? Pronto! Brava gent
vegnìi subit chì, hinn rivaa i gioster!”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 Per questa poesia è disponibile, cliccando sula barra audio, ascoltare la lettura della stessa autrice. 

 

 Legge Pinuccia Giorgetti

I paròll

Gh’è di paròll che bisien
e gh’è di paròll che inciòden.
Gh’è di paròll che dann el moron
e che fann vegnì el magon.
Gh’è di paròll che fann dagn
anca dopo tanti ann.
Ma gh’è di paròll inscì bei
che i bravi mamm disen ai bagai.
Gh’è di paròll de zùccher,
– veri paròll, minga ciàccer –
Hinn quei paròll che se disen i moros
intant che spetten de diventà spos.
Gh’è di paròll bonn come i benis
hinn quei paròll che se disen i amis
Gh’è di paròll de simpatia
che metten pròppi tanta allegria !
Disemm anca numm di bei paròll,
paròll dolz come i bonbon
gh’è minga bisogn d’avè fà i scòll,
basta de vess di gent on pó bon !

 

 

 

 

 

 


Cliccando sulla foto qui a lato,
accedi al post pubblicato in occasione
del secondo posto assegnatole
al XX° CONCORSO 2017
"Prima che vegna nòtt

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

On cicinin de filosofia

Se i giovin savessen…
se i vecc podessen…
ma la vita la va inscì
incoeu la tocca a mì,
doman la tocca a tì.
E se mì gh’hoo capii on quaicoss
l’è che se pò minga avegh tuttscoss.
L’important l’è de voress ben
e de vess content,
dunca mi ve diria
de stà lontan dii gent
che se creden pussee di alter,
ch’hinn pien de boria
e che disen di paròll
pussee amar de la cicoria.
Hinn minga di veri scior,
che staghen de per lor!
Vialter sii cent volt pussee bei,
gh’avìi la bontà, la giovinezza,
che la vostra vita la sia dolsa
come ona carezza!

  

 

 

 

 

Cliccando sulla foto a lato,
puoi vedere un video della Piniccia
che legge questa la sua poesia.

El 23 de via Lomellina

Quand mì seri piscinina
stavi de cà
al vintitrii de la via Lomellina
in periferia,
lontan de la Madonnina.
Da la mattina a la sera
se viveva on ciccin in cà
ma pussee in ringhera.
I fi oeu giugaven in tra de lor.
I mamm stendeven i pagn,
bagnaven i fior,
cicciaraven con la visina.
Serom minga sciori in de la via
ma se viveva in bòna armonia.
In del ’45, quand i soldaa
hinn tornaa
de la guerra
el cortil de sera
el se trasformava in balèra.
Adèss mì son diventada nònna
e, purtròpp, forestera
ma me ricòrdi ancamò
di mè visin de cà:
el scior Giacomo,
la sciora Maria,
la sciora Piera.
Di vòlt gh’hoo la nostalgia
de la bella allegria che gh’era
in de la mia cà de ringhera,
al 23 de la via Lomellina,
a Milan, quand mì seri piscinina.

  

 

 

 

 

 

 

 

 

El nagottin d’òr

Ma indóe l’è el mè nagottin d’òr?
Mi spetti semper che lù el vegna,
che la fortuna la sia minga stemegna.
L’era la promessa d’on piccol tésor.
«Fa la brava, te gh’avareet on bell nagottin d’òr!»
Hinn pasaa tanti ann, tanti stagion…
hoo conossuu tanta gent, tanti emozion,
ma de spess mì me domandi de vera:
«Ma indove l’è el mè nagottin d’òr?»
Ogni promessa l’è debit. Mi son sicura,
credi semper che on dì me rivarà on pacchettin
con denter el mè nagottin d’òr.
El saria òra!

 

  

 

 

 

 

 

 


La carta del zuccher

Ai temp... quand la Berta fi lava
tutt i cà gh’aveven i sò portinari
e numm se andava e poeu se vegniva
senza dovè schiscià el “bottonari”.
I operari gh’aveven adree la schiscetta
e a mì me piaseva sgagnà la micchetta.
I mamm stendeven i pagn sora la ringhera
e i ritiraven quand eren succ, de sera.
I moros se scriveven i letter d’amor
cont el pennin e l’inciòster
e come l’era bell el color
de la carta del zuccher!
I prevet eren semper vestiì con la socca
sia che gh’era el sô o ch’el fi occa
e Soa Eminenza el Cardinal Schuster
allora l’era ancamò di nòster.
A Natal aspettavom tutti el Bambin Gesù,
che a portà i belè ai fi olitt l’era Lù.
In strada se sentiva parlà in milanes
e anca al mercaa quand compravom i scirés.
E incoeu? Incoeu la mondializzazion
la gh’ha portà chì tanta confusion!

 

 

 

 

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